Dall’attivatore al tema. Scegliere di scrivere in base al “so what”.

Eccoci finalmente all’appuntamento mesile con le pillole di WRW.

Tra gennaio e febbraio le incombenze scolastiche da cui tutti siamo presi mi han rallentato il ritmo; avrei voluto condividere con voi passo passo l’immersione nell’autobiografico ma il tempo è volato. Per questo, e dal momento che immersione ed attivatori  sono strettamente connessi, prima di parlare di “attivatori di secondo livello” – la definizione è mia, non mi è venuto nulla di più originale al momento – credo sia doveroso indicarvi attraverso quali angolature i ragazzi ed io abbiamo inquadrato il testo autobiografico.

Campo lungo – di cosa si parla quando si parla di testo autobiografico.

  • Introduzione al genere autobiografico attraverso un albo illustrato. (in una prima Robinson di Peter Sis, nell’altra Un grande giorno di niente di Beatrice Alemagna)
  • Introduzione al genere autobiografico attraverso una poesia.

Figura intera – i “mai più senza” di un racconto autobiografico.

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  • É un seme, non un cocomero! (affronta un evento preciso, concreto e focalizzato)
  • Ha un “so what” (è scritto con l’intento di comunicare qualcosa, non “tanto per”)
    • Esempi di “so what” – mostrare un particolare aspetto del carattere dello scrittore – mettere in luce il rapporto tra lo scrittore e qualcuno a lui vicino – mostrare come un grande tema è entrato in contatto con la vita dello scrittore – dar modo allo scrittore di dire, attraverso un racconto personale, cosa gli sta a cuore.
  • Si mantiene in forma! – ha una precisa struttura (per ora in scrittura abbiamo lavorato solo con la montagna della trama)
  • Non è tutto d’un pezzo ma alterna le sequenze.
  • Porta il lettore nelle sue stanze: ha un’ambientazione precisa.

Quelli appena elencati sono i teaching point delle minilesson che ho condotto in fase di immersione e che sono state svolte nel corso delle sessioni di scrittura. Normalmente l’attivatore segue la fase di immersione ma, ormai lo sapete, se non sperimento altre strade io non sono contenta. In una delle due prime, durante le ore normalmente destinate alla grammatica o alla lettura, ho proposto una serie di lampi di scrittura a partire dalla lettura ad alta voce di un estratto, ogni volta diverso, di “20 cose. Tutto ciò di cui hai bisogno nella vita”.  Alcuni lampi li ho assegnati per casa; li trovate in questo file.

Nell’altra classe, invece, ho seguito le orme di Lucy Calkins  ed ho lanciato un attivatore classico: la mappa dei luoghi del cuore così come descritta da Jack Gantos.

Terminati i primi attivatori per non disperdere l’entusiasmo dei ragazzi verso il “so what”, che nel frattempo era diventato un intercalare in entrambe le classi, ho chiesto di isolare un semino da ciascuno dei lampi di scrittura o dei luoghi della mappa. Avevo infatti notato che sia nei lampi, sia in associazione ai luoghi, diversi di loro avevano fatto riferimento a più situazioni.

Per ciascun semino ho poi chiesto di individuare un “so what”, naturalmente dopo aver ricordato le casistiche viste in fase di immersione.  Non ho quindi introdotto da subito i concetti di  argomento e tema ma ho cercato di portare i ragazzi a comprenderli per vie traverse. Negli anni precedenti mi sono resa conto di quanto questo passaggio sia ostico per i ragazzi di prima. Ecco come ha lavorato S. sul suo taccuino.

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Tanti di loro ragionando sui propri semini si sono resi conto che non riuscivano sempre ad indentificare cosa, un certo evento, avrebbe potuto mettere in luce. A quel punto scegliere di cosa scrivere o meglio, di cosa non scrivere è stato  più semplice: un semino senza so what è molto difficile che sbocci.  “questo lo lascio ancora un po’ nel taccuino, che magari più avanti ci viene fuori un bel ciliegio, Prof.”

“E io questa perla me la gioco come chiusura di un pezzo” ho pensato – tra le altre cose- in quel momento. Ed infatti…

P.S. Speriamo di riuscire a leggerci presto!

S.