I ragazzi stanno scrivendo. Tanto. Si stanno applicando seriamente e, piano piano, chi prima e chi dopo, iniziano ad addentrarsi nella terra rigogliosa della “scrittura per piacere” e ad abbandonare la landa desolata dello “scrivere per dovere”. Però, nonostante la loro passione, spesso non sono efficaci: a volte sono le parole a mancare – e niente come la lettura viva è un’arma potente contro l’appiattimento del lessico e contro la superficialità – altre volte si fermano lì. In che senso? Nel senso che non sono ancora abituati a pensare che il loro scritto può essere OLTRE.
Cercavo strategie, soluzioni, modalità per lavorarci su ed ho afferrato al volo i consigli delle mie colleghe IWT Agnese e Daniela P.: mi sono immersa nella lettura di “The revision Toolbox” di G. Heard. Sono innumerevoli gli spunti offerti da questo testo: sia riflessivi sia operativi. Negli ultimi giorni il mio (e ormai anche vostro) amico criceto si è soffermato su uno in particolare: tutti noi studenti a scuola, abbiamo spesso provato sensazioni di fastidio/disagio/imbarazzo/inadeguatezza/emoltoaltroancora verso le correzioni.
Alzi la mano a chi non è mai successo.
Arrivavi là, alla cattedra, con in mano un foglio da cui trasudavano impegno e fatica e ti sentivi dire: “questo non va bene”, “quest’altro potevi esprimerlo meglio”, “qui il concetto non è chiaro” .. Alzi la mano quale insegnante non l’ha MAI MAI MAI detto ai suoi alunni. Alzi la mano quale insegnante non ha mai suggerito parole che poi sono state disciplinatamente trascritte… e che di fronte al testo successivo di quello studente non si è ritrovato punto e a capo con gli stessi (o quasi) aspetti da rivedere.
Ricapitoliamo (così vi chiarisco gli assunti da cui son partita):
- quando a scuola mi correggevano partivano sempre (o solo) dagli aspetti negativi del mio lavoro e la cosa mi impuzzoliva parecchio ;
- quando a scuola correggo tendo a notare per DEFORMAZIONE professionale le cose che non vanno ma per ETICA professionale dovrei aiutare i ragazzi ad accorgersi della bellezza che c’è;
- quando a scuola correggevo tendevo a suggerire risposte invece che strade da percorrere;
- quando a un ragazzo suggerisci le parole lui non scrive davvero di sè, non respira, non sente, non vive quelle parole… ed infatti, la volta dopo, rièpunt’accapo.
Mi sono chiesta quindi: come li educo ad una revisione formativa? Come posso trasformare la valutazione e la correzione in nutrimento? Sulla base delle riflessioni condivise con Loretta e Jenny, ragionando sulle proposte della Heard – e mettendoci anche un po’del mio – ho provato a costruire delle mini lezioni dedicate alla revisione del testo.
In questa che vi propongo ho definito come miei obiettivi primari quelli di:
- stimolare i ragazzi ad un’autovalutazione e ad una revisione formativa dei propri testi (poetici);
- spingerli alla scoperta della bellezza che c’è e che ci può essere;
- indicargli una strada dentro e fuori di sè per sfamare il loro bisogno di “parole loro”;
- nutrirli di bellezza trasformando le conquiste di ciascuno in cibo per tutti.
Eccovi il link a “scova la bellezza”.
E mi raccomando… fatemi sapere!
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