Facciamo il punto. Negli ultimi appuntamenti in laboratorio abbiamo:
- raccontato un silent book concentrandoci sull’utilizzo consapevole delle tecniche affrontate nel corso delle mini lesson;
- iniziato a ragionare individualmente sulla mappa del nostro Comune per individuare luoghi specifici in cui ambientare un racconto;
- riflettuto sull’atmosfera da trasmettere al nostro lettore e sul genere da affrontare;
- immaginato uno dei protagonisti del nostro racconto in quanto a aspetto, carattere, manie, ideali, stile di vita…
Ora è arrivato il momento di armonizzare consapevolmente tutti i semini che i ragazzi hanno messo a dimora nei loro taccuini.
Uno dei capisaldi del Writing and Reading Workshop è quello che i “maestri” chiamano “modeling”. Fornire ai ragazzi dei modelli è fondamentale: e non parlo solo di mentor text estrapolati alla bisogna dalla produzione di chi la scrittura la abita per professione. Ogni volta che inizio a scrivere una mini lesson o a pensare ad un’attività da svolgere in classe mi rimbombano in testa queste parole della Atwell: “Non possiamo pretendere dai nostri alunni cose che nemmeno noi facciamo”. Ecco che il mentor text può, e deve, essere anche quello prodotto da noi insegnanti, sia esso un testo finito, una bozza in fase di revisione, un’annotazione in cui è applicata una tecnica o la pagina del taccuino su cui abbiamo iniziato a tracciare la trama del racconto che stiamo per scrivere.
Proprio da qui ho deciso di ripartire dopo la pausa pasquale.
Ormai le riflessioni dei ragazzi sul loro prossimo testo narrativo dovrebbero aver ben attecchito. Ciascuno dovrebbe essersi fatto un’idea, anche solo fumosa, della vicenda da raccontare e tutti, questo è sicuro, hanno in mente l’evento intorno a cui dovrebbe ruotare tutto il resto ma ancora non sanno se quest’evento rappresenterà l’inizio, il culmine o la conclusione della storia.
Come lavoreremo? Innanzi tutto confiderò loro la mia folle idea di lanciarmi nella scrittura di un libro per ragazzi. – No: chiamarlo romanzo mi par troppo, vediamo prima che ne viene fuori – Dicevo: li farò partecipi del mio intento (suicida?) e condividerò con loro le prime annotazioni, dedicate alla “mia” storia, che ho redatto sul taccuino che porto sempre con me. Spiegherò loro come ho lavorato poi li metterò all’opera:
- Per prima cosa cercheranno di capire a quale “costante narrativa” associare il perno della loro storia;
- Quindi si tratterà di definire, intorno ad esso, gli altri due o tre passaggi imprescindibili del racconto …
- e di visualizzarne la collocazione reciproca nel tempo.
I miei studenti, nel corso delle lezioni dedicate al GGG, hanno trovato molto utile la riflessione sulla “curva a campana”; il passo successivo (della stessa lezione) sarà quindi quello di chiedere loro di realizzane una adatta al proprio testo narrativo inserendovi, in un primo tempo, esclusivamente gli eventi principali.
Terminata la prescrittura ciascuno inizierà la stesura della propria bozza, naturalmente dopo aver dichiarato a quale tecnica ricondursi.
Nelle lezioni successive ciascuno si addentrerà nella propria trama. La arricchirà e la srotolerà cercando di esplicitare quali sentieri il proprio lettore dovrà percorrere per muoversi da un luogo all’altro o da un avvenimento a quello ad esso immediatamente successivo, precendente o parallelo.
Contemporaneamente i ragazzi potranno scegliere di:
- proseguire nella scrittura della propria bozza;
- rivedere quanto già scritto per armonizzarlo con le nuove parti;
- utilizzare il taccuino per annotare i risultati di ricerche sui luoghi, particolari eventi e personaggi;
- realizzare studi di nuovi personaggi;
- arricchire ulteriormente la trama del racconto
Insomma: non faranno altro che scrivere e respirare a pieni polmoni l’aria fresca, frizzante, fondante e fertile del laboratorio.
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