Il cooperative teaching è qualcosa di prodigioso: si studia insieme, ci si aggiorna, si assorbe il meglio da ciascuno, si condividono dubbi, esperienze, vittorie, idee, fonti, scoperte, materiale… Si scovano energie e coraggio per sperimentare una didattica nuova, diversa, pensata, “su misura” di noi come docenti e dei nostri alunni come persone. Se non ci fossero state le “Teachers” chissà quando avrei scoperto i testi di Lucy Calkins e le sue Units of study.
Se Loretta non avesse condiviso il suo appetitoso cartellone, il mio percorso sull’autobiografia molto probabilmente avrebbe preso strade altre. Avevo già pinnato in bacheca questo articolo ripromettendomi di lavorarci su ma, chissà perchè, chissà per come, dopo qualche giorno l’avevo stipato nel mio dimenticatoio. Invece eccomi qua, il 16 gennaio 2017, a condividere con voi la mia seconda lezione sull’autobiografia, una proposta di lettura e scrittura che non poteva non intitolarsi (con poco dispendio di fantasia) “semi, non cocomeri”.
Autobiografia: semi – non cocomeri.
Risorse utilizzate:
- L, Calkins, Book 1, Launching the Writing Workshop of Units of Study for Teaching Writing Grades 3-5.
- Infografica – cartellone di Loretta
- R. Dahl, Boy, ed. Salani. – La scelta del testo non è casuale: in classe stiam leggendo molto di questo autore ed i ragazzi lo stanno amando davvero, stanno riflettendo sul suo stile e lo considerano un esempio da imitare.
Connection
Nella scorsa lezione abbiamo iniziato a ragionare sul genere autobiografico e ciascuno di voi ha individuato un episodio significativo della propria vita, uno di quelli che non si possono non ricordare. Ma siamo sicuri che si tratti di un episodio e non di un collage o di una somma di eventi?
Teaching point – questa volta tutt’uno con il Modeling
Oggi vi insegnerò come riuscire ad individuare un piccolo evento , un semino da coltivare con la vostra scrittura. Prima di tutto leggiamo questo breve brano tratto da “Boy”, la biografia di Roal Dahl.
Quando compii sette anni, mia madre decise che dovevo lasciare il Giardino d’infanzia per una vera scuola. Per fortuna esisteva, a circa due chilometri da casa nostra, una rinomata Scuola Preparatoria maschile, ossia la Scuola della Cattedrale di Llandaff, proprio all’ombra della chiesa. Scuola e Cattedrale esistono ancora, tutt’e due molto attive. Ma anche qui ricordo molto poco dei due anni in cui frequentai la Scuola della Cattedrale di Llandaff, tra i sette e i nove anni. Due soli episodi mi rimangono impressi nella memoria. Il primo non durò che cinque secondi, ma non lo dimenticherò mai. Era il primo trimestre e tornavo da solo a piedi da scuola, attraverso il parco, quando improvvisamente, uno degli alunni più grandi, sui dodici anni, scese la strada a tutta velocità sulla sua bicicletta, a neanche venti metri da me. La strada scendeva da una collina e il ragazzo, sfrecciando per la discesa, si mise a pedalare rapidissimo all’indietro, così che il meccanismo a ruota libera della bicicletta emise un forte suono sibilante. Nello stesso momento lui tolse le mani dal manubrio e se le incrociò con noncuranza sul petto. Mi fermai di botto e lo fissai affascinato. Era sublime! Così agile e coraggioso ed elegante nei suoi pantaloni lunghi, stretti in fondo con una molletta e il berretto scolastico scarlatto spavaldamente inclinato sulle ventitrè! Un giorno, mi dissi, un fantastico giorno, avrò una bicicletta come quella e porterò calzoni lunghi con le mollette in fondo e il berretto scolastico sulle ventitrè, e me ne andrò sibilando giù per la collina, pedalando all’indietro e senza mani! Vi assicuro che se qualcuno mi avesse messo in quel momento una mano sulla spalla e mi avesse chiesto: “Qual è il tuo più grande desiderio nella vita, bambino?” La tua più grande ambizione? Diventare dottore? Un grande musicista? Pittore? Scrittore? O Lord Cancelliere?” Io avrei risposto senza esitazione che la mia unica ambizione, la mia speranza, il mio desiderio, era di avere una bicicletta come quella e di sibilare giù dalla collina, senza mani. Sarebbe stato fantastico. Al solo pensarci mi viene ancora la pelle d’oca.
Bello questo ricordo vero? Sono sicura che a qualcuno di voi, leggendolo, è già venuto in mente un piccolo istante speciale della propria vita. Ma.. torniamo alla cuore della nostra lezione: scrivere di piccoli momenti speciali. Fateci caso: Roald Dahl, con la sua scrittura, ci accompagna per gradi verso il preciso istante che ha intenzione di raccontarci. Sottolineiamo questi termini/espressioni:
- …due anni in cui frequentai la Scuola della Cattedrale di Llandoff, tra i sette e i nove anni.
- Due soli episodi mi rimangono impressi nella memoria. Il primo non durò che cinque secondi, ma non lo dimenticherò mai.
- Era il primo trimestre
- Tornavo da scuola quando, improvvisamente…
Quali sono, tra i passaggi che abbiamo sottolineato, le SPIE del testo che ci fanno drizzare le antenne e ci preparano a gustarci il momento che Dahl ha deciso di condividere con noi? Quando ci accorgiamo che inizia il racconto del ricordo vero e proprio?
5 secondi – improvvisamente.
Cosa sono 5 secondi? Sono un tempo brevissimo ma, e Dahl ce lo insegna, che può regalarci eventi, emozioni, sensazioni, destinate a durare per sempre nella nostra memoria. Io immagino che Dahl, al momento di “scrivere prima di scrivere”, abbia scavato dentro di sé, abbia chiuso gli occhi, abbia fatto silenzio, si sia concentrato e … BAM! Eccolo lì! IL Momento: quello più importante, più significativo, più intenso di tutti gli altri, quello da raccontare. Nel brano che abbiamo letto l’autore non ha passato in rassegna tutta la sua giornata, non ha scritto in modo generico e “insipido” della colazione, della mattinata scolastica, delle risate all’intervallo, dei giochi con i compagni o dei rimproveri della maestra. Quelli, per lui erano ricordi fumosi, sfuocati, non nitidi.
Non ha voluto rischiare, lui, di annoiare il suo lettore con una narrazione noiosa, poco particolareggiata, banale. Ha preferito condividere con noi ogni sfumatura, emozione, particolare di quei 5 secondi. Li vogliamo sottolineare insieme? Ma vi rendete conto? A distanza di più di 50 anni ricordava il sibilo della bici sfrecciante, il cappello rosso portato dal suo compagno sulle ventitrè e perfino le mollette applicate ai pantaloni!
Riassumiamo quanto detto fin ora e prendiamo appunti sul quaderno: Possiamo sintetizzare il contenuto di questa lezione con uno slogan:
SEMI, NON COCOMERI!
Cioè, quando ci prepariamo a scrivere un testo autobiografico …
Non scegliamo un periodo generale della nostra vita. (es: i miei ricordi della scuola primaria)
Iniziamo scegliendo un argomento più specifico (es: la recita di 5 elementare)
E, all’interno di esso, individuiamo un piccolo episodio da raccontare nei minimi dettagli (es il momento prima di entrare in scena, le paure, l’emozione, le mani sudate, il non ricordare le battute, i consigli degli amici e delle maestre…)
Active engagement
Adesso provate voi. Partite dal testo che avete iniziato in classe e chiedetevi: “Quello che ho scelto di raccontare è un argomento generico, è specifico o è un piccolo momento?” Come sempre siate onesti: se si tratta di qualcosa di generico o specifico lavorate sul vostro taccuino e realizzate il “diagramma dell’anguria” per individuare il piccolo momento da condividere. Se invece pensate di aver già scelto un piccolo momento provate a verificare se potete andare ancora più in profondità. Se la risposta è no.. allora sul vostro taccuino usate questa tecnica per partire da uno dei vostri luoghi del cuore ed individuare un piccolo momento da raccontare, legato ad uno di essi.
Tutto qui: per leggere i risultati sui testi autobiografici dei miei filibustieri dovete aspettare che ci lavorino su ancora un pochetto. Per ora posso offrirvi un antipasto e spero che concordiate con me che le premesse son più che buone.
2 pensieri su “Semi, non cocomeri: scrivere di un momento specifico.”
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