Se devo essere sincera è con un po’ di timore che mi appresto a raccontarvi quello che ho sperimentato oggi in classe.
Perchè?
Perchè sto entrando in un territorio minato: quello della letteratura. Anzi: della LETTERATURA. Abbiamo già parlato del come coniugare, o far entrare la Letteratura nel Reading Workshop e ne è risultato che siamo – sono – ancora in cammino.
Sto sperimentando? Sì. Sto azzardando? Forse.
Prima di raccontarvi la ML di oggi voglio però rassicurarvi: al centro, per me, come nel tradizionale RW, c’è sempre il testo. Scritto da quell’autore, in quel contesto e con quelle parole; inoltre sul segnalibro che tengo nel taccuino campeggiano, in un bel rosso scarlatto orlato di nero, le parole di Frank Serafini: “in service of meaning” – al servizio del significato.
Ok: premessa fatta. Passiamo al resoconto della ML di oggi.
Dall’inizio dell’anno scolastico sto percorrendo con i ragazzi di terza un lungo percorso incentrato su scelta, resilienza ed orientamento. Abbiamo letto alcuni illustrati, Stand by me di S. King e, dalla scorsa settimana, ci siamo poco alla volta immersi nei Promessi sposi. Dopo alcune lezioni dedicate alla vita di Manzoni, con tanto di schema ad Y in cui a farla da padrone sono state le connessioni, e dopo un inquadramento generale del romanzo, oggi abbiamo spiato Don Abbondio che tornando bel bello dalla sua solita passeggiata serale… dai, lo sapete com’è andata!
Quel che non sapete è questo:
- prima di iniziare a leggere ad alta voce il brano programmato per oggi ho esplicitato ai ragazzi il Teaching point della lezione.
- Secondo step della ML: modeling. Leggendo ad alta voce da “Per una di queste stradicciole…” a “vide una cosa che non s’aspettava, e che non avrebbe voluto vedere”, ho cercato di soffermarmi sui momenti chiave in cui Manzoni ci mostra Don Abbondio e, al termine della lettura, li ho riepilogati alla lavagna.
Qui alcuni dei ragazzi hanno dato il loro meglio: non si sono fermati a guardare Don Abbondio ma hanno avanzato ipotesi sulla valenza simbolica della biforcazione ad Y della stradina e delle figure dipinte sul tabernacolo.
Prof! Ci sta che Don Abbondio presto sarà messo davanti ad una scelta e che di sicuro questa si rivelerà ardua! Manzoni ci poteva mettere di tutto là sul tabernacolo. Poteva descrivere una Madonna con degli angeli e invece ci ha piazzato lì le fiamme e le anime del purgatorio. Vorrà pur dire qualcosa!
- Ho sorriso. Ho gongolato. Ho resistito a iniziare una dissertazione sulla valenza simbolica di certe immagini in letteratura (ma me lo sono appuntato: devo prepararci una ML da proporre loro a breve!) e ho lanciato il conivolgimento attivo.
I ragazzi hanno lavorato prima individualmente poi ad isole. Durante la mia lettura ad alta voce hanno sottolineato i passaggi, le espressioni ed i termini che mostravano con più evidenza il prender consistenza del Don Abbondio persona, oltre che personaggio. Si sono poi confrontati all’interno delle isole di lavoro: hanno spiegato le proprie scelte e ragionato su quel che Manzoni stava loro comunicando oltre il significato evidente delle parole stampate.
Lo stesso hanno fatto – una volta terminata la fase della ML e iniziata la sessione di lavoro autonomo – in un primo momento durante e dopo l’ascolto del paragrafo successivo alla chiamata in scena di Don Rodrigo (Da “Signor curato, l’illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente.” a “- Benissimo, e buona notte messere, – disse l’un d’essi, in atto di partir col compagno ) e successivamente in corrispondenza all’uscita di scena dei bravi.
- Durante la condivisione finale i ragazzi si sono scambiati le loro opinioni su Don Abbondio. Lo hanno inquadrato – sempre tornando al testo – e sono arrivati alla conclusione che il curato è un uomo fragile, che sceglie per paura e si rifugia nella prudenza. “Lui è uno che vuole vivere una vita tranquilla senza rischi ma anche senza ambizioni. Eh ma visto! Manzoni lo sistema per le feste! Lo fa incappare in una bella gatta da pelare. Il problema è che Don Abbondio non sceglie per scelta; cerca di evitare i contrasti e per farlo si schiera con il più forte”.
Non si sono fermati lì: hanno notato che più la voce dei bravi si alza, più Don Abbondio si abbassa. E non solo nelle movenze. Prima cerca di svignarsela facendo ricorso alla retorica, poi “con voce tremolante” sussurra un “cosa comanda?” a cui seguono un grande inchino ed un netto “disposto sempre all’obbedienza”. Qualcuno ha inoltre ipotizzato che queste è (parole sue) un’escalation circolare: i bravi incontrano Don Abbondio che cammina tranquillo e quando si congedano da lui prete procede aggranchiato, mettendo a stento una gamba davanti all’altra. - L’ultimissimo passaggio della sessione di lavoro di oggi ha visto i ragazzi impegnati in un quick write con cui ho cercato di spronarli a riflettere sul proprio modo di scegliere. Ecco un paio di riflessioni:
Io non li affronto i problemi, tendo a fuggire dalle cose, ho paura di procurarmi ferite irreparabili […] dei pensieri degli altri, dei loro giudizi. Ho paura del confronto, di non trovare le parole o di dire quello che in realtà non penso…
Don Abbondio è il mio opposto. Perchè lui fa le scelte per paura e si schiera sempre dalla parte del più forte. […] Invece io rischio tutto perchè non ho paura di cosa mi potrà mai succedere e perchè se uno vuole una vita bella ed ha un’ambizione deve prendere le redini della sua vita. Senza avere paura di sbagliare. […] Prendo delle decisioni con i miei pensieri perchè i miei pensieri sono unici e nessuno potrà mai pensarli al di fuori di me.
Questo è tutto. Domani parleremo di Renzo, del suo incontro con Don Abbondio e di come gli scrittori ci aiutano a capire quali fatti hanno più peso di altri nello svolgersi della narrazione.
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.